Molti conoscono il rabarbaro per via delle caramelle oppure del liquore, caratterizzati entrambi da un gusto tendente all’amaro. In realtà si tratta di prodotti derivati dalla radice della pianta, mentre le coste di rabarbaro hanno un gusto completamente diverso.
Il rabarbaro infatti è una pianta erbacea perenne da cui si ricava un ortaggio dai moltissimi usi in cucina, prezioso in particolare per torte e squisite marmellate e molto usato nelle ricette vegane. Le coste di rabarbaro sono poco conosciute in Italia ma molto usate in altri paesi europei, per questo potrebbero essere una grande scoperta per il vostro orto.
Anche se Italia il rabarbaro non è molto diffuso non sarà difficile trovare semi o piantine per cominciare a piantarlo. Tra l’altro è uno degli ortaggi più semplici da coltivare, per cui anche per chi è inesperto risulta simpatico inserirlo nel proprio orto domestico o eventualmente in vaso, ed è particolarmente adatto alla coltivazione biologica.
Qui di seguito potete leggere la guida di Orto Da Coltivare alla coltivazione semplice del rabarbaro, dalla messa a dimora fino al raccolto, provando scoprirete che tenere questa straordinaria pianta in giardino è più facile a farsi che a dirsi. Attenzione però a non mangiare le foglie di rabarbaro che contengono acido ossalico e sono tossiche, in compenso possiamo usarle per ottenere un antiparassitario naturale, ma anche questo ve lo spiegherò più avanti nell’articolo.
La pianta di rabarbaro
La pianta del rabarbaro (Rheum rhaponticum o Rheum rhabarbarum, della famiglia delle poligonacee) è un’erbacea poliennale che forma una grossa radice fittonante, da questo rizoma parte l’apparato radicale secondario e su di esso sono presenti le gemme da cui nascono coste e foglie. Si trova diffusa selvatica in tutta Europa, Italia compresa, e parte dell’Asia, il rabarbaro selvatico è commestibile proprio come quello che possiamo coltivare, selezionato per avere gambi di miglior pezzatura. I gambi di rabarbaro assumono un colore tra il verde chiaro e il rosso acceso, ma possono essere anche bianchi o giallastri a seconda della varietà, mentre le foglie sono di ampie dimensioni e di color verde smeraldo. La quantità di acido ossalico nelle foglie le rende non commestibili, mentre le coste si possono mangiare senza controindicazione. Nel mese di aprile il Rheum emette uno scapo floreale che si alza come pennacchio, per poi rivelare un’esplosione di fiorellini bianchi. Il fiore lascia posto poi al frutto, piccole noci che contengono i semi.
Si tratta di una pianta di bell’aspetto, soprattutto per via del colore vivace dei fusti e delle grandi dimensioni del fiore, interessante da inserire in appezzamenti coltivati e utilizzata spesso anche con finalità ornamentale e non solo per la commestibilità delle coste: non sfigura quindi in giardino.
Dal punto di vista della coltivazione il rabarbaro è una pianta poliennale, che non deve essere seminata ogni anno e che richiede pochissime cure. Produce per un buon periodo dell’anno, in particolare nelle zone a clima mite.
Il rabarbaro cinese. Oltre al Rheum rhaponticum si coltiva anche il Rheum palmatum, che è chiamato rabarbaro cinese, si tratta di una specie erbacea molto simile, con analoghi impieghi alimentari e stesso metodo di coltivazione.
Il rabarbaro gigante. Esiste poi un’altra pianta chiamata “rabarbaro gigante”, epiteto meritato, visto che arriva ai 2 metri di altezza. Anche se esteticamente ricorda vagamente il nostro Rheum il rabarbaro gigante in realtà non c’entra nulla a livello botanico con esso, si chiama propriamente Gunnera manicata o Gunnera tinctoria e fa parte della famiglia delle gunneraceae.
Dove coltivare il rabarbaro
Esigenze climatiche. La pianta di rabarbaro non ama il caldo, non per niente è caratteristica del nord Europa e si può coltivare anche in orti di montagna, ma vive benissimo nel clima italiano. Tuttavia una temperatura moderata permette un più lungo periodo di produzione e quindi un maggior raccolto. Nell’Italia centro meridionale dove soffre maggiormente l’estate torrida può star meglio in mezzombra che in pieno sole. Resiste invece all’inverno senza problema, stando in stasi vegetativa nei mesi più freddi. Quando vedete le coste e le foglie deperire e seccare in autunno non bisogna quindi disperarsi: l’apparato radicale resta vivo nel suolo e in primavera torneranno a spuntare germogli vigorosi.
Terreno adatto. Il rabarbaro non chiede molto al terreno, anche se ama sostanza organica e azoto. Prima dell’impianto è bene predisporre una concimazione di fondo,trattandosi di una pianta perenne meglio lasciare nutrimento che possa essere assorbito anche oltre il primo anno, quindi da privilegiare il letame o il compost piuttosto che lo stallatico pellettato secco, benissimo anche mettere farine minerali. Come molte altre orticole il rabarbaro non ama ristagni di acqua, per cui deve esser coltivato su terreno drenante.
L’importanza del drenaggio e della lavorazione. Prima di seminare o trapiantare questa coltura è bene lavorare a fondo con la vanga la parcella di orto dedicata, in modo che il suo rizoma possa svilupparsi comodamente in un substrato soffice. L’acqua deve defluire facilmente perché se dovesse ristagnare, creando un terreno fradicio e fangoso intorno alle radici favorirebbe i marciumi, che comportano la morte della pianta. In terreni particolarmente tendenti a compattarsi o comunque poco drenanti conviene realizzare aiuole di coltivazione rialzate, con canali di scolo laterali. Si può valutare anche di usare sabbia per rendere il terreno maggiormente drenante.
Il rabarbaro in vaso
Il rabarbaro in vaso è difficilmente coltivabile se non si dispone di tanto spazio: serve un contenitore molto grande per ospitare la sua grossa radice fittonante. Ad esempio possono andar bene i contenitori in geotessuto. Il contenitore deve essere inoltre provvisto di drenaggio per evitare marciumi all’apparato radicale.
Tuttavia non è impossibile coltivarlo sul balcone, anche se non si otterranno certamente risultati paragonabili alla coltura in campo e chiede maggior costanza in concimazione e annaffiatura. Molto utile per fertilizzare il rabarbaro coltivato in vaso è l’impiego periodico di concime liquido, anche autoprodotto (macerato di ortica e di consolida).
Riproduzione del rabarbaro
Il rabarbaro si può riprodurre in due modi: la semina (moltiplicazione gamica) e la partizione del rizoma (moltiplicazione agamica). Il secondo metodo è senza dubbio il più semplice da attuare e anche il più veloce. Dopo averlo seminato o moltiplicato sarà semplice metterlo a dimora.
Seminare il rabarbaro
Partire dal seme. Il rabarbaro può essere coltivato a partire dal seme, si pianta la semente in vasetto a inizio marzo, per poi trapiantare a metà aprile o maggio all’aperto nell’orto. Se si parte da seme la pianta produrrà a partire dal secondo o dal terzo anno, quindi occorre un poco di pazienza rispetto al trapianto che è più rapido nel dar raccolto.
Trapiantare la piantina. Se acquistate una piantina o se la ottenete con la semina in semenzaio il momento migliore per il trapianto è in genere la metà di aprile o anche maggio, non è escluso che il rabarbaro tolleri anche altri periodi per la messa a dimora, essendo molto resistente. Dopo aver trapiantato ricordate di innaffiare regolarmente e nei primi mesi di vita di controllare le erbe infestanti.
Divisione dei rizomi
Il miglior sistema per moltiplicare le piante di rabarbaro è espiantarne una e dividere il cespo in più parti: ogni pezzo può essere interrato e darà vita a una nuova pianta. L’importante è assicurarsi che ogni porzione di rizoma abbia almeno una gemma. Questa operazione può esser fatta a inizio primavera o prima dell’inverno. Se avete una pianta di rabarbaro a disposizione è certamente il miglior modo per allargare la coltivazione.
Distanza tra le piante
Il Rheum è una pianta davvero vigorosa, che si espande e produce foglie di grandi dimensioni, per questo motivo è opportuno tenere una bella distanza tra le piante di rabarbaro, consiglio di lasciare come sesto d’impianto due metri tra una fila e l’altra e almeno un metro tra le piante. Nell’orto famigliare tuttavia non servirà mettere più di due o tre piante, a meno che non vogliate fare spesso marmellate di rabarbaro! Una sola pianta di rabarbaro produce un buon numero di coste. Coltivando in vaso ovviamente si mette una sola piantina per ogni contenitore.
Coltivare il rabarbaro: lavori da fare
Il rabarbaro è una pianta che non chiede molto tempo all’orticoltore e produce tanto, anche senza doverci dedicare grandi attenzioni. Una volta piantata sono pochissime le operazioni da fare per coltivare rabarbaro italiano nell’orto.
Pulizia dalle erbe infestanti
Pulire le erbacce nella zona del rabarbaro è poco impegnativo, le sue grandi foglie crescono rapidamente e fanno ombra limitando le erbe infestanti. Se poi si ricorre alla pacciamatura il lavoro di sarchiatura diventa praticamente nullo. Le infestanti vanno curate in particolar modo nel primo periodo di vita del rabarbaro, quando le piantine sono ancora piccole, una volta che la pianta è cresciuta compete bene. La sarchiatura del terreno è però positiva a prescindere, perché rompe la crosta superficiale e permette di ossigenare il suolo.
La pacciamatura verde di trifoglio
Una tecnica interessante che unisce i pregi della pacciamatura a quelli della sinergia tra colture è la pacciamatura viva verde, si tratta di seminare trifoglio nano a creare un tappeto coprente del terreno intorno alle piante di rabarbaro. Le piccole radici del trifoglio apportano azoto al terreno e quindi lo arricchiscono di un elemento utilissimo al Rheum, nello stesso tempo evitano la crescita di erbe infestanti e aiutano a trattenere l’acqua nel suolo.
Irrigazione
Quando la pianta è giovane occorre aver cura che il terreno sia sempre umido, una volta che il rizoma si sviluppa e l’apparato radicale aumenta di dimensione si interviene bagnando solo in caso di clima secco e assenza di pioggia prolungata. In ogni caso irrigando il rabarbaro bisogna fare attenzione a non esagerare, se si provocano ristagni duraturi si formano marciumi che possono far morire la pianta. La pianta tenuta in vaso deve esser irrigata più spesso, con piccole quantità d’acqua ogni volta.
Concimazione
Il rabarbaro è una pianta erbacea perenne, se raccogliamo le coste andiamo a sottrarre sostanza nutritiva, dobbiamo quindi per non perder fertilità apportare nuovamente materia organica ed elementi nutritivi. Bisogna quindi concimare almeno una volta all’anno, il tardo autunno è un buon periodo per farlo.
Tra gli elementi nutritivi importanti per aumentare il raccolto c’è ovviamente l’azoto, teniamone conto nel decidere come concimare. Usiamo quindi letame, compost maturo, humus o stallatico pellettato, da zappettare leggermente nel terreno rendendolo disponibile all’apparato radicale della pianta. Se coltiviamo in vaso meglio concimare almeno tre volte all’anno, privilegiando il pellettato o il concime liquido.
Fioritura e taglio dei fiori
La fioritura richiede molte energie alla pianta, che altrimenti sarebbero destinate alla produzione di coste e foglie, per questo chi coltiva rabarbaro come ortaggio è bene che tagli lo scapo floreale appena si presenta. Ovviamente se volete che la pianta arrivi a formare i semi per poterlo riprodurre in quel modo, oppure se vi interessa l’aspetto ornamentale di questo pennacchio fiorito di grande dimensione dovrete lasciar crescere il suo fiore. I fiori di rabarbaro sono molto piccoli, bianchi o giallastri, raccolti in una spiga di belle dimensioni.
Malattie e parassiti del rabarbaro
Il rabarbaro è una pianta soggetta a poche avversità. Le malattie più comuni sono i marciumi radicali dovuti a ristagni di acqua, per cui come già spiegato si prevengono assicurando un buon drenaggio del terreno.
Anche come insetti in genere non si presentano grossi problemi. Le ampie foglie del rabarbaro sono un ottimo riparo per limacce e chiocciole, queste impensieriscono poco il rabarbaro, se anche mangiassero un po’ di foglie poco male: per il contenuto di acido ossalico non sono adatte all’alimentazione umana. Preoccupiamoci piuttosto del fatto che i gasteropodi si nascondano all’ombra del rabarbaro per poi uscire la sera a mangiare gli altri ortaggi.
Forzatura del rabarbaro
La forzatura è una tecnica di coltivazione che consente di aumentare la qualità delle coste di rabarbaro e anche di anticiparne la produzione. Consiste nel tenere il rabarbaro coperto, si possono impiegare allo scopo apposite campane di terra cotta.
La copertura da un lato aumenta la temperatura e quindi può portare un raccolto più precoce in primavera e anche più tardivo l’autunno, ma soprattutto togliendo fotosintesi rende il gambo più tenero e gustoso concentra maggiormente le sostanze nelle coste, a scapito della foglia.
Il rabarbaro può essere forzato grazie al fatto che questa pianta perenne ha un rizoma capace di accumulare molte energie, quindi anche senza luce può emettere germogli e far sviluppare la parte aerea della pianta. La copertura si mantiene per circa 10/15 giorni, tempo sufficiente a inibire la clorofilla. Trascorso questo periodo possiamo aprire, perché comunque il rabarbaro, come tutte le piante, ha bisogno di luce per vivere.
Raccolta delle coste
Il rabarbaro si raccoglie a partire dal mese di aprile fino all’autunno, sospendendo nel caldo estivo per non far soffrire la pianta. Quando arriva il freddo si fa un ultimo raccolto tagliando tutte le coste. Si consiglia di raccogliere i gambi più grossi: evitando di saccheggiare tutta la pianta, lasciamo una foglia su tre. Per cogliere il rabarbaro si prende la costa tagliandola alla base (più vicino al terreno meglio è).
Il gambo è commestibile sempre, ovviamente più diventa grosso e più kg di raccolto possiamo ottenere, ottimizzando la produttività. Del rabarbaro si consuma solo la costa, le foglie contengono acido ossalico, che le rende tossiche. Se si parte dal seme il raccolto sarà a cominciare dal secondo anno, perché prima la piantina è troppo piccola.
Acido ossalico e la tossicità
Le foglie di rabarbaro hanno un contenuto di acido ossalico piuttosto alto e questo le rende non commestibili. Questa sostanza si ritrova nelle foglie di molti vegetali, sopra una certa quantità risulta tossica; ad esempio nell’actinidia, in alcuni cereali e persino negli spinaci la concentrazione di acido ossalico non è tanto alta da renderli dannosi. Le piante erbacee accumulano nelle foglie questa sostanza tossica per difendersi dai bruchi ed evitare che mangino le loro foglie.
Nel rabarbaro quindi non bisogna mangiare le foglie assolutamente perché la quantità di acido ossalico è troppo elevata ed è quindi tossico, può provocare disturbi come nausea e vomito.
Il macerato di foglie di rabarbaro
Abbiamo visto che le foglie di rabarbaro sono tossiche e non possono esser mangiate. In natura ogni cosa ha un suo ruolo e una sua utilità: anche in questo caso possiamo decidere di non sprecare queste foglie e sfruttare l’acido ossalico in esse contenuto per ottenere un macerato repellente da impiegare contro gli afidi e altri piccoli parassiti dell’orto. Il macerato di rabarbaro è un rimedio contro gli insetti totalmente biologico e, visto che utilizza parti di scarto, anche a costo zero.
Utilizzo del rabarbaro
Il rabarbaro è una pianta dai molti utilizzi, la radice serve per erboristeria e liquori, le coste sono ottime in tante ricette vegane e nei dolci. Si tratta di un ortaggio salutare, contenente vari elementi utili al benessere dell’organismo, come ferro, magnesio e potassio. Attenzione però che non tutta la pianta si può mangiare: le foglie sono tossiche per il contenuto di acido ossalico.
Radice e uso officinale
Con la radice di rabarbaro si possono fare liquori, in particolare l’amaro al rabarbaro. L’estratto di radice si usa anche per le caramelle. La radice per via delle sue proprietà, utili in particolare all’intestino, è utilizzata in erboristeria ed è presente anche in alcuni farmaci. Raccogliere la radice è sempre un peccato, perché occorre espiantare una pianta che sarebbe erbacea perenne. Se però teniamo parte del rizoma, munito di gemme potremo poi metterlo a dimora nuovamente.
Preparare dolci e marmellate
Il sapore del rabarbaro è difficile da descrivere a parole, ha un gusto fruttato e deciso, abbastanza dolce, tendente all’acido. Le coste di rabarbaro si usano soprattutto nei dolci, in particolare nelle torte di mele. Si possono fare ottime confetture di rabarbaro, buonissima la marmellata in abbinamento con le fragole. Altri usi interessanti sono una chutney agrodolce da abbinare a carni e formaggi e anche uno sciroppo simile a quello di sambuco.
Ricette vegane con rabarbaro
Nella cucina vegana il rabarbaro viene impiegato in diversi modi, ed è un ingrediente molto particolare, interessante anche per sperimentare piatti nuovi sia dolci che salati.
Come portata principale bisogna sempre tener conto che si tratta di un gusto acido e dolce, quindi non si presta a piatti tradizionali della nostra tradizione ma ci si può sbizzarrire in ricette veg di contorni agrodolci, anche le verdure saltate possono ricevere un tocco davvero particolare aggiungendo un gambo di rabarbaro tagliato a tocchetti. Nei dolci ottime torte di mele, crumble o muffin vegani si esaltano con pezzetti di questo ottimo vegetale.