Le mandorle che acquistiamo nei supermercati provengono spesso da molto lontano, anche se quest’ottima frutta secca è facilmente coltivabile in Italia, tanto che il nostro paese ne è stato il maggior produttore al mondo. Una scelta ecologica ma soprattutto una gran soddisfazione può esser quindi poter raccogliere mandorle coltivate in proprio.
Non è un obiettivo difficile da raggiungere: il mandorlo è una pianta da frutto che possiamo gestire sia in giardino che nei contesti più ampi del frutteto da reddito, prestandosi con alcune accortezze a un metodo di coltivazione biologico.
Le mandorle sono frutti secchi che fanno molto bene alla salute e un consumo moderato quotidiano è consigliato per apportare preziosi Omega3, vitamine del gruppo B, vitamina E e vari sali minerali. Un motivo in più per provare a coltivarle, qui di seguito una veloce guida che spiega come fare, dalla messa a dimora alla raccolta, passando per la potatura e per la difesa da patologie e parassiti.
L’albero di mandorle
Il mandorlo (Prunus dulcis) è una pianta potenzialmente molto longeva, nell’aspetto assomiglia al pesco, anche se ha foglie più piccole rispetto a questo. Fa parte della famiglia delle Rosacee e, all’interno di questa, al gruppo delle drupacee. Il frutto è una drupa composta da una parte esterna (mallo) e semi, che sono appunto le mandorle.
Originario dell’Asia, quest’albero si diffuse nell’antica Grecia, poi nell’Impero Romano e successivamente, con le invasioni arabe, cominciò a diffondersi in tutto il bacino del Mediterraneo. Con la scoperta delle Americhe, venne portato anche fino lì, e in pratica oggi è diffuso ovunque possibile.
Fino agli anni ’50 l’Italia deteneva il primato mondiale della produzione di mandorle, soprattutto in Sicilia, dove la “mennulara” era la figura di raccoglitrice manuale di mandorle, e anche in Puglia. In seguito abbiamo perso questo primato a causa dell’arrivo di produzioni molto più competitive dagli Usa e dall’Australia, ma il nostro clima e i nostri ambienti possono permetterci buone produzioni di mandorle e dovremmo coltivare questa specie puntando sulla qualità.
Come e dove piantare un mandorlo
Prima di tutto scopriamo le caratteristiche pedoclimatiche necessarie a coltivare le mandorle, quando abbiamo deciso se e dove cominciare la coltivazione andremo a vedere come piantare il mandorlo, con un occhio alla scelta del portinnesto giusto e all’impollinazione, fondamentale per poter avere frutto.
Clima necessario alla coltivazione
Il mandorlo è molto adatto al clima mediterraneo, resiste sia al caldo estivo, anche secco, sia alle basse temperature invernali. La sua fioritura, che è la più anticipata tra le drupacee, lo espone molto al rischio di gelate tardive, soprattutto al nord, dove temperature di pochi gradi sotto lo zero sono sufficienti per causare la morte dei fiori o dei frutticini allegati. I venti possono essere dannosi durante la fioritura perché ostacolano il volo dei preziosi insetti pronubi, quindi nelle zone molto ventose conviene pensare a delle soluzioni frangivento. A parte le zone alpine, comunque il mandorlo può dare produzione in tutta Italia.
Il terreno ideale
Non possiamo dire a priori quale sia il migliore terreno per il mandorlo, perché questo dipende in grande misura dal portinnesto che è stato utilizzato, e di conseguenza dobbiamo richiedere questa informazione fin dalla scelta delle piantine da acquistare. Per esempio, piante di mandorlo innestate su un franco di pesco non tollerano i terreni ricchi di calcare e tendenti alla siccità.
Generalmente però i comuni portinnesti prediligono suoli con un buon drenaggio, di medio impasto e ben dotati di sostanza organica. Le radici sono molto capaci di approfondirsi nel terreno e tollerare periodi di siccità di durata ragionevole.
Scegliere il portinnesto
Nella coltivazione tradizionale del mandorlo, il portinnesto più usato era il franco di mandorlo, che poteva provenire da cultivar a mandorle dolci o amare. Attualmente sono diffusi anche il franco di pesco, alcuni portinnesti clonali di susino, il Mirabolano e degli ibridi pesco x mandorlo, e infine per la mandorlicoltura intensiva anche dei portinnesti nanizzanti, ma sono poco adatti ad una coltivazione biologica.
Impollinazione
Il mandorlo è generalmente auto-sterile, per cui è importante mettere a dimora più esemplari appartenenti a varietà inter-fertili a fioritura contemporanea. Adesso comunque si trovano anche delle varietà auto-fertili.
Mettere a dimora il mandorlo
Per mettere a dimora un esemplare di mandorlo si opera esattamente come per le altre specie, questo tipo di lavoro lo trovate approfondito nell’articolo su come mettere a dimora una pianta da frutto. Procediamo scavando una buca profonda e larga, indicativamente delle dimensioni di 70 x 70 x 70 cm. L’operazione può essere fatta a mano con vanga o badile se il terreno non è troppo tenace, altrimenti è meglio aiutarsi con una mototrivella.
Alla terra di scavo, soprattutto agli strati di terreno che interessano i primi 30-40 cm, è fondamentale miscelare tanto buon ammendante, come compost o letame, che devono essere ben maturi. Per questo è opportuno scavare separando gli strati di terreno e avendo cura di rimetterli poi nello stesso ordine dentro la buca, al momento di ricoprire.
Alle piante a radice nuda, possiamo praticare l’inzaffardatura, ovvero l’immersione dell’apparato radicale in un recipiente pieno di acqua, terra fine e letame. Le radici vengono reidratate da questa soluzione e sono stimolate ad attecchire dopo il trapianto.
Dobbiamo piantare ben diritto l’alberello nella buca e lasciare il punto di innesto fuori dalla superficie del terreno, onde evitare che la parte sopra (nesto) emetta delle sue proprie radici e che queste si affranchino, facendo morire il portinnesto sotto.
Quando piantare
La piantina può essere acquistata con il proprio pane di terra o a radice nuda. Nel primo caso l’epoca di trapianto è meno condizionante e la pianta attecchisce bene anche in primavera, mentre nel secondo caso è sicuramente meglio fare il trapianto durante il riposo vegetativo, e quindi dalla caduta delle foglie in autunno fino alla fine dell’inverno, scartando i momenti intermedi caratterizzati da gelate.
Sesti di impianto
Se si piantano tanti mandorli in un frutteto specializzato, anche piccolo, i sesti dipendono anche dalla forma di allevamento adottata, ma di solito la forma migliore è quella a vaso e prevede di non infittire le piante oltre i 4,5 x 5 m, e idealmente è meglio lasciare anche 6 metri tra i filari. In un frutteto misto rispetteremo le stesse distanze minime tra i mandorli e altre specie a sviluppo analogo.
Operazioni di coltivazione del mandorlo
Irrigazione
Tradizionalmente il mandorlo non viene irrigato, ma certamente con la disponibilità idrica le produzioni migliorano, quindi è ragionevole prevedere un impianto a goccia almeno per i primi anni dall’impianto e successivamente per far fronte ai periodi siccitosi.
Concimazioni
Ogni anno conviene distribuire nell’area sottochioma dello stallatico pellettato, e qualche manciata di farine di roccia come fosforiti, del solfato naturale di potassio e magnesio o della cenere di legna. Sono sempre utili anche i macerati diluiti di ortica o di equiseto, che stimolano anche le difese immunitarie della pianta, oltre a fertilizzare.
Le distribuzioni principali si fanno alla ripresa vegetativa e anche a fine estate, quando le piante devono accumulare riserve per passare l’inverno. Nei primi anni di vita delle piante è utile praticare anche dei sovesci negli spazi tra i filari, in modo da arricchire il suolo di sostanza organica, oppure mantenere un costante inerbimento.
Pacciamatura
Le piante di mandorlo si avvantaggiano senza dubbio della pacciamatura, soprattutto quando sono ancora giovani, durante i primi anni, quando l’erba può esercitare una certa competizione per le risorse idriche. Allo scopo possono essere stesi dei teli neri attorno agli alberelli, o meglio ancora dei cerchi di paglia o erba secca, in strati piuttosto spessi, di circa 10 cm.
Coltivazione in vaso
Per la coltivazione del mandorlo in vaso il contenitore deve essere voluminoso, ovvero capace di assicurare terra a sufficienza all’apparato radicale. È meglio preferire piante di mandorlo innestate su portinnesti nanizzanti, che entrano in produzione prima e, non dovendo crescere molto in altezza, non sviluppano radici molto espanse. Le piante in vaso devono essere irrigate e concimate con maggiore frequenza.
Come potare il mandorlo
Tra le operazioni colturali la potatura richiede un’attenzione peculiare, sia nei primi anni di vita della pianta, quando si effettua per dargli la forma di allevamento, sia successivamente, quando si pota per regolare la produzione e per mantenere in salute e in dimensione l’albero.
Forma della pianta
La pianta di mandorlo, come anticipato, si presta molto bene ad essere allevata a vaso, una forma comoda per chi lavora e deve raccogliere e potare da terra, ma soprattutto ideale per la pianta che riceve in questo modo una buona illuminazione ben distribuita nella chioma. Le branche principali nella forma a vaso sono in numero tra 3 e 5 e partono da 50-80 cm da terra.
Potatura di produzione
I primi 3-4 anni dalla messa a dimora sono quelli della fase di allevamento, e quindi gli interventi sono tutti volti alla formazione dello scheletro della pianta. Successivamente inizia la fase di entrata in produzione vera e propria e ogni anno si eseguono tagli volti a mantenere l’equilibrio tra la parte vegetativa e quella produttiva.
A seconda delle varietà, il mandorlo produce prevalentemente sui rami misti o sui dardi fruttiferi, ovvero i “mazzetti di maggio”, e gli interventi, che non devono mai essere esagerati, sono tagli di ritorno delle branche vigorose, sfoltimenti dei rami in sovrannumero e intricati, eliminazione delle parti secche e malate.
Prevenire e trattare le malattie
Anche i mandorli possono essere soggetti alle patologie, soprattutto nelle zone e nelle annate caratterizzate da grande umidità. È importante sapere riconoscere i primi sintomi delle avversità ed eliminare tempestivamente le parti colpite, da destinare a bruciatura, se possibile, o al compostaggio.
Le patologie più comuni del mandorlo sono quelle che colpiscono anche le altre drupacee, ovvero:
- Moniliosi, patologia che danneggia in particolare i fiori, ma anche germogli e rametti, che disseccano. Può riguardare anche i frutticini, che mummificano e restano appesi alla pianta.
- Corineo, che si distingue per le piccole macchie circolari sulle foglie e sui rami e a volte anche per le macchie rosse sui frutti.
- La bolla, che è associata al pesco ma colpisce anche i mandorli e si manifesta sulle foglie con bollosità estese e colorazioni delle foglie che virano al rosso. I fiori e i frutticini colpiti tendono a cadere. Possiamo approfondire leggendo l’articolo dedicato proprio alla bolla del pesco.
Per prevenire queste patologie è utile irrorare spesso decotti o estratti di equiseto sulle piante e in inverno spennellare i tronchi e le branche con la pasta per tronchi biodinamica, che ha effetto disinfettante. Al manifestarsi dei primi sintomi è possibile intervenire con il Bacillus subtilis, con il polisolfuro di calcio o eventualmente con un prodotto rameico. I mandorli possono anche essere colpiti da batteriosi come il fusicocco o cancro dei rametti, che si manifesta con macchie brune sui rami, in corrispondenza delle gemme, ed essudati tipici, e anche in questo caso si può fare un trattamento rameico.
Insetti dannosi
Cimicetta del mandorlo
Si tratta di una cimice molto piccola, di soli 2 mm, di colore marrone-grigio chiaro, ed è capace di arrecare grandi danni nelle zone calde e in certe annate, a partire dal mese di maggio. Ritroviamo gli esemplari sulla pagina inferiore delle foglie, a cui sottraggono molta linfa. Le foglie ingialliscono ed iniziano a cadere. Bisogna intervenire con trattamenti a base di piretro naturale distanziati 7-10 giorni fino ad un calo significativo degli insetti, ricordando di eseguire i trattamenti nelle ore serali.
Afidi
A partire dalla primavera, soprattutto se calda, varie specie di afidi attaccano apici, germogli e foglioline del mandorlo e succhiano la linfa. I germogli mostrano internodi raccorciati, presenza di melata e il tipico aspetto accartocciato. Le piante deperiscono a causa della perdita di funzionalità fogliare e gli afidi inoltre sono anche potenziali vettori di patologie virali.
Fortunatamente contro gli afidi sono possibili molti espedienti e misure preventive, come l’irrorazione di estratti ad azione repellente di aglio, di peperoncino e di ortica. Evitare i trattamenti con insetticidi convenzionali non selettivi è di per sé una buona pratica, perché preserva gli insetti predatori naturali. Ma in caso di forti attacchi, è possibile intervenire spruzzando sapone di Marsiglia diluito in acqua, nelle ore fresche per non causare ustioni alle piante.
Raccolta delle mandorle
La raccolta delle mandorle si esegue quando sono secche, percuotendo le piante con appositi strumenti, dopo aver steso reti o teli su tutta la proiezione della chioma, e questo sistema viene chiamato “abbacchiatura”.
Dopodiché bisogna eseguire la smallatura, operazione con cui si elimina la parte esterna del frutto, e che si esegue manualmente per poche piante, ma che richiede delle macchine smallatrici nel caso di produzioni professionali.
Il periodo di maturazione delle mandorle è compreso tra agosto e settembre a seconda delle varietà e da una pianta si possono raccogliere circa 6-7 kg di mandorle sgusciate.
Le mandorle si mangiano tali e quali o in ghiotte preparazioni come torte, pasta di mandorle, crema di mandorle spalmabile, gelati.
Varietà di mandorle
Si trovano numerose varietà di mandorli, e anche diversi ecotipi legati ai vari territori.
Una varietà a fioritura tardiva, e quindi a minore rischio di gelate primaverili è la Genco, che è anche autofertile e produce con costanza, consigliata quindi da coltivare al nord. Anche la Falsa barese presenta caratteristiche analoghe, mentre Tuono è una varietà dal buon sapore ma meno costante nelle produzioni; una varietà autosterile ma buona e a fioritura tardiva è Glorieta, mentre a fioritura precoce ma autosterile e di buon sapore citiamo la Sannicandro.