Salvare i semi

Cosa significa semi ibridi F1 e perché evitarli

Nell'orto è bene scegliere varietà antiche riproducibili. Le sementi ibride F1 invece sono il risultato di incroci di laboratorio, per selezionare alcune caratteristiche, e non sempre sono la scelta migliore.

Aggiornato il 20.05.2025

semi ibridi o no

Sulle bustine di semi o sui cartellini delle piantine che troviamo in commercio si legge spesso la scritta “semente ibrida F1”.

Senza voler demonizzare gli ibridi a tutti i costi, è utile spiegare cosa significa questa dicitura, provando a fare chiarezza anche sulle motivazioni per cui vengono prodotti gli F1 e sulle conseguenze di questo lavoro di selezione sull’agricoltura.

Il mio parere, lo dico subito, sarebbe una buona pratica evitare le sementi F1, privilegiando varietà locali e imparando a preservare le sementi di anno in anno, cosa che il seme ibrido non permette di fare.

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Cosa vuol dire varietà ibrida

Il termine ibrido vuol dire che il seme è frutto di un incrocio. L’ibridazione succede anche in natura, grazie al lavoro incessante delle api, di altri insetti, di animali o del vento.

Il polline di una pianta ne feconda un’altra, di differente varietà, il risultato è una varietà nuova.

Anche l’uomo ha creato incroci fin dai tempi antichi, selezionando le varietà più produttive e sperimentando ibridi alla ricerca delle cultivar migliori. Ben venga l’incrocio di diverse varietà e la ricerca di un miglioramento genetico con tecniche perfettamente naturali.

Cosa significa ibrido F1

Quando l’ibrido è denominato F1 significa che si tratta di un ibrido di prima generazione, il risultato di un lungo lavoro di selezione genetica per ottenere frutti che abbiano certe caratteristiche desiderate.

L’ibrido F1 si ottiene incrociando due linee genetiche, per una singola generazione.

Se si vuole avere piante con una determinata caratteristica (se ad esempio vogliamo pomodori che facciano frutti di forma regolare) occorre selezionare le varietà con un processo chiamato segregazione. Questa operazione consiste nell’isolare gli esemplari che manifestano la caratteristica e riprodurli tra loro.

Ripetendo più volte il passaggio si ottiene finalmente una cultivar che presenta il carattere desiderato. Ricorrendo alla fecondazione autogama (della pianta con sé stessa) o comunque continuando a incrociare un numero limitato di esemplari, si sviluppano però piante con un patrimonio genetico molto debole.

Quando le caratteristiche desiderate sono due (se ad esempio desideriamo ottenere pomodori dalla forma regolare e che maturino tutti nello stesso periodo) bisogna procedere con due linee di segregazione separate: da una parte si isola la caratteristica della maturazione omogenea, con un’altra linea genetica si isolano le piante a frutto regolare. Incrociando il risultato di questi due processi di segregazione si ottiene la semente F1, una generazione di piante che presentano le due caratteristiche desiderate.

Solo la prima generazione di semi che risulta da questo processo si chiama F1 ed è quella che manifesta le peculiarità selezionate.

Le successive generazioni chiamate F2 e poi F3 avranno una genetica modificata, perché alcune caratteristiche latenti nel dna delle piante F1 possono tornare a presentarsi. Spesso gli F1 sono sterili o producono generazioni F2 poco produttive, considerato che la fecondazione autotrofa praticata nelle generazioni precedenti comporta un grave indebolimento genetico. In ogni caso le piante F2 non avranno le caratteristiche per cui erano stati selezionati i semi F1. Per questo motivo non conviene riprodurre la semente F1.

Questa non riproducibilità arricchisce le multinazionali che producono i semi: la semente selezionata in laboratorio non può essere tramandata in autonomia dall’acquirente. Per avere la varietà F1 il contadino è costretto a ricomprare la sementi tutti gli anni e diventa dipendente dalla multinazionale.

Perché è meglio evitare gli ibridi F1

  • Costano di più, visto che il lavoro di selezione ha un costo.
  • Non si possono riprodurre, usare gli F1 significa essere sempre dipendenti dal venditore di semi. Niente auto produzione, niente scambio di sementi tra coltivatori.
  • Non sempre portano frutti migliori. Le multinazionali selezionano caratteristiche utili all’agricoltura industriale. Poco importa che gli ortaggi siano buoni e saporiti, si cercano piuttosto il bell’aspetto, la forma regolare, la capacità di conservarsi, la maturazione omogenea. Le varietà F1 rispecchiano spesso i valori vacui della nostra società consumistica, basati sull’apparenza più che sulla sostanza.

Alternative agli ibridi

Piuttosto che comprare sementi ibride invito a scegliere semi riproducibili, magari di varietà antiche e locali. Preservare una varietà particolare significa salvaguardare la biodiversità, un valore aggiunto che non interessa a chi seleziona geneticamente piante in laboratorio.

Per chi vuole evitare i semi ibridi F1 io consiglio le sementi Arcoiris (che si possono acquistare qui), che sono biologiche, alcune anche biodinamiche, non ibride per scelta etica dell’azienda. Ancora meglio poi riprodurre i propri semi, scambiarli con altri ortisti, sostenere le associazioni di seed savers: tante buone pratiche per trovare sementi non ibride.

Acquista semi non ibridi

Io consiglio di usare nell’orto sementi non ibride, riproducibili e possibilmente biologiche. Ecco un link dove comprare semi di questo tipo.

Consiglio di evitare gli ibridi non solo acquistando le sementi ma anche comprando le piantine in vivaio: se prendete una piantina F1 non potrete trarne dei semi utili al vostro orto per l’anno successivo. Purtroppo è difficilissimo trovare vivaisti che fanno piantine non F1.

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