Il fico d’india è una pianta da frutto originaria del Messico che si è rapidamente adattata e diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo, grazie a una straordinaria facilità di propagazione.
Nel Sud Italia le “pale” dei fichi d’India sono diventate parte del paesaggio di molte zone costiere di regioni come Sicilia, Puglia e Calabria, dove la pianta cresce spontanea.
Si tratta di una coltura da frutto molto interessante, coltivata in Italia meridionale e particolarmente in Sicilia, vale la pena piantare i fichi d’India sia per il pregio riconosciuto ai suoi frutti, sia per la sua capacità di adattarsi a climi particolarmente aridi e a terreni poveri che non si presterebbero ad altre coltivazioni.
Scopriamo quindi le caratteristiche del frutto e le tecniche per coltivarlo al meglio con metodi bio, prestando attenzione ai vari passaggi: dall’impianto, alla potatura fino a qualche suggerimento per raccogliere e maneggiare i frutti senza pungersi con le sottilissime spine.
La pianta del fico d’India: caratteristiche
I fichi d’India (Opuntia ficus) sono piante succulente della famiglia delle Cactaceae, diffuse nell’area mediterranea, dove possiamo trovarli sia spontanei che coltivati. Non è parente dell’albero di fico, con il quale, a parte il nome, non ha praticamente nulla in comune.
La pianta del fico d’India è completamente priva di fusti e il fiore, che fiorisce in maniera scalare a partire dalla primavera e per tutta l’estate, si forma direttamente su un cuscino di spine (detto pala o cladodo), che ha origine dal fusto.
Il fiore evolve in una bacca (frutto), ricoperto anch’esso completamente di spine, che ha inizialmente un colore verde. A maturità il fico d’India assume una colorazione che varia dal bianco, giallo, arancione al rosso. Si tratta di un frutto commestibile, dal sapore dolce, particolarmente apprezzato nonostante i molti semi in esso contenuti. Le spine che stanno sull’esterno della buccia sono anche molto sottili, quasi invisibili, per questo bisogna sempre maneggiare con cura il fico d’India.
Come già accennato il fico d’India è una pianta da frutto in grado di adattarsi a condizioni pedoclimatiche sfavorevoli, come elevate temperature di giorno e basse temperature notturne, scarsa piovosità e terreni poveri di sostanza organica. Grazie alla sua particolare conformazione anatomica è in grado di trattenere acqua all’interno dei suoi tessuti, senza dispersioni e far fronte a condizioni di siccità.
Le varietà di fico d’India
La classificazione varietale del fico d’india coltivato si basa essenzialmente sulla colorazione della bacca: i colori chiari, come giallo e arancione, sono tipici della varietà sulfarina, il rosso accesso tendente al porpora della varietà sanguigna e il bianco della muscaredda, che è la più pregiata.
A chi vuole avviare una coltivazione da reddito il consiglio è quello di effettuare un impianto in cui siano presenti le diverse varietà, in modo da assicurare al mercato frutti con diversi cromatismi.
Sono anche state selezionate varietà di fico d’India senza spine, con frutti più semplici da maneggiare, che possono per questa caratteristica trovare sul mercato un interesse maggiore.
Piantare il fico d’India
Se allevata in pieno campo la pianta del fico d’India si adatta bene ad ogni tipo di terreno, sia esso argilloso o sabbioso. Teme solo il ristagno d’acqua e per questo bisogna lavorare bene il suolo ed assicurarsi uno scolo di eventuale acqua in eccesso.
Si consiglia di effettuare dove possibile delle concimazioni organiche prima dell’impianto. Il sesto d’impianto utilizzato di solito è molto ampio, da un minimo di 5m x 5m ad un massimo di 6 x 14 m.
Il miglior modo per piantare questa cactacea è piantare le pale nel terreno.
La moltiplicazione di questa pianta può avvenire sia per talea che per seme. La moltiplicazione per seme richiede tempo e diversi procedimenti complessi e laboriosi, per questo si consiglia di scegliere la talea, nettamente più veloce e semplice da attuare.
Come e quando piantare le pale
La moltiplicazione del fico d’India per talea è la tecnica che permette una più rapida entrata in produzione della pianta, quindi sicuramente consigliata rispetto al seme. Per farlo si piantano direttamente le pale nel terreno.
Il periodo in cui si effettua questa talea è la primavera prelevando le pale da una pianta già formata.
Il lavoro di asportazione deve esser fatto con un coltello bel affilato e disinfettato. La cosa migliore è utilizzare un cladode di almeno due anni, con due o tre cladodi di un anno. Questa pala di fico d’India deve essere impiantata ad una profondità di circa metà della sua lunghezza. La tecnica da utilizzare è la stessa, sia in caso di impianto in pieno campo sia in caso di allevamento in vaso.
La pianta propagata per talea dalle pale, dopo aver emesso le radici, entra in produzione nell’arco di 2 o 3 anni dall’impianto.
Come si coltiva
Il fico d’india è una pianta che viene allevata sia in pieno campo che in vaso. Pur essendo una pianta rustica, che si adatta alle diverse condizioni ambientali, per avere delle produzioni soddisfacenti è necessario effettuare delle cure culturali. Si tratta comunque di operazioni molto semplici.
Coltivazione in campo
In pieno campo è buona norma effettuare delle zappettature per eliminare le infestanti prossime alla pianta, in modo che non entrino in competizione con l’albero dei fichi d’India.
Pur essendo una pianta che si adatta bene alla siccità il consiglio è di irrigare comunque la piante una volta a settimana, sempre senza eccessi che potrebbero provocare marciumi radicali.
Coltivare i fichi d’India in vaso
I fichi d’India si possono tenere anche in vaso, in casa o sul balcone, purché si scelga un luogo luminoso e arieggiato.
Per riempire il vaso è consigliabile utilizzare terreni adatti alle Cactaceae, reperibili in commercio, ed è importante effettuare dei rinvasi man mano che la piante procede con lo sviluppo, in modo da consentire una buona espansione dell’apparato radicale. Se allevata in vaso in casa, è preferibile porre il vaso in luoghi luminosi ed arieggiati.
I vasi devono avere un buon drenaggio perché la pianta soffre il ristagno d’acqua, per lo stesso motivo occorre fare attenzione a non esagerare con la quantità nell’irrigazione. Le piante vanno bagnate almeno una volta a settimana.
Potatura e scozzolatura dei fichi d’India
La forma di allevamento solita che viene data alla pianta è quella del vaso o a cespuglio. La potatura del fico d’india viene effettuata per eliminare le pale (cladodi) deformate o danneggiate e quelle che entrano in contatto tra loro, per favorire un ottimale sviluppo della pianta.
Una buona pratica è quella di effettuare la “scozzolatura” che consiste nell’eliminazione dei fiori e delle pale emessi in primavera, subito dopo la ripresa vegetativa. Lo scopo di questa operazione è di ottenere frutti tardivi in seconda fioritura, comunemente conosciuti come “bastardoni“, che richiedono anche interventi irrigui più frequenti ma che sono più pregiati.
Difesa da insetti e malattie
Il fico d’india se coltivato in pieno campo è soggetto a danni da avversità meteoriche, quali grandine, neve e gelo, può essere protetto con coperture di reti antigrandine e durante l’inverno di tessuto non tessuto.
Oltre ai danni climatici è soggetto ad alcune patologie, quali il cancro gommoso (Dothiorella spp.) e la ruggine scabbiosa (Phillosticta opuntiae). In questo caso è opportuno rimuovere le pale danneggiate tempestivamente. In caso di ristagni idrici, può andare incontro a marciumi radicali.
Gli insetti che attaccano questa pianta sono principalmente due:
- La cocciniglia del carmino (Dactylopius coccus) contro la quale è efficace utilizzare del sapone di Marsiglia come rimedio casalingo, oppure macerato di felce. In casi peggiori olio bianco.
- La mosca della frutta (Ceratits capitata).
Di solito nessun attacco da parte di insetti e nessuna fitopatologia supera la soglia di danno, per questo è considerata una pianta molto resistente e adatta alla coltivazione biologica.
Raccolta dei fichi d’India
La raccolta dei frutti del fico d’India è scalare durante l’estate, avviene a più riprese da agosto a settembre.
Il momento giusto per cogliere si può individuare osservando quando i frutti hanno virato il colore dal verde al rosso, giallo, arancione o bianco (a seconda della varietà coltivata), il colore è indice di una corretta maturazione.
Un problema che molti si pongono è come raccogliere i fichi d’India evitando di pungersi. Dato che la bacca è completamente coperta dalle spine, nelle zone del Sud Italia si è soliti utilizzare un attrezzo costituito da un raccoglitore metallico agganciato ad un bastone in legno, per raggiungere il frutto senza doverlo prendere in mano. Una volta afferrato il frutto con il contenitore, questo viene delicatamente rimosso dalla pianta ed adagiato all’interno di cassette in legno o cesti. Un buon raccogli fichi d’India pratico ed economico è questo modello, già incluso di asta. Esistono anche attrezzi con asta telescopica, ma in genere le piante non sono così alte.
In Sicilia dopo il raccolto viene effettuata una spazzolatura della bacca, per renderla priva di spine. Si tratta di una tecnica molto apprezzata dai consumatori, che consente di spuntare un prezzo più alto sul mercato nazionale.
Una volta raccolto questo frutto si mangia direttamente, basta solo sbucciarlo (facendo attenzione sempre a non pungersi). Le sue spine praticamente invisibili possono essere un poco insidiose. I fichi d’India sono benefici per l’organismo e ottimi nella dieta, aiutano l’organismo ad assimilare zuccheri e grassi. Mangiandone troppi si possono avere effetti lassativi.