Sulla coltivazione della vite esistono tanti manuali specifici, poiché si tratta di una delle piante più importanti e che caratterizzano in modo determinante i nostri paesaggi agrari.
Come tutti sappiamo, le produzioni vinicole sono un’eccellenza italiana, fonte di orgoglio di tutto il nostro stivale, dove abbondano vini DOC e IGT, grazie alla grandissima varietà dei microclimi e alle peculiarità dei nostri territori e alle tradizioni.
Tuttavia, la vite non si coltiva solo per il vino, ma anche per l’uva da tavola, bianca o nera, frutto settembrino che a buon diritto può entrare a far parte del frutteto misto, o semplicemente come pianta isolata. Non in ultimo, la vite può anche fungere da elemento vegetale per la creazione di un pergolato che unisce funzione estetica e produttiva.
Dato che la viticoltura è un argomento estremamente vasto, in questo articolo descriviamo la pianta con le sue caratteristiche e le sue esigenze fisiologiche, e offriamo spunti sulla coltivazione di un piccolo vigneto da vino, gestito con metodo biologico, e su una piccola produzione di uva da tavola. Troverete suggerimenti per la cura della vigna, a partire da una corretta gestione degli aspetti colturali e fitosanitari secondo il metodo biologico. Per dettagli riguardanti i tanti diversi vitigni, i portinnesti e le tecniche di vinificazione rimandiamo a testi specializzati.
La pianta della vite
Vitis vinifera è una pianta a foglia caduca e lianiforme, appartenente alla famiglia delle Vitacee. In questa famiglia vi sono specie che non riescono a sostenersi da sole, ma devono arrampicarsi su dei supporti, che in natura sono tronchi di altre specie mentre nella coltivazione sono pergolati oppure i classici sistemi composti da pali e fili, la situazione più comune nei vigneti professionali.
Le viti sono tutte innestate, spesso su altre specie di vitacee. Un tipico portinnesto è la vite americana, che resiste alla fillossera, insetto nocivo apparso a metà del 1800 che fece grandi danni nei vigneti europei.
La pianta produce sui rami di un anno, che vengono chiamati tralci. I fiori della vite coltivata sono ermafroditi, piccoli e verdastri e generano i noti grappoli d’uva. Le foglie sono ampie, trilobate o pentalobate, diverse a seconda dei vitigni. L’apparato radicale si approfondisce abbastanza nel suolo, ma la maggior parte delle radici resta nel primo metro di profondità.
Le gemme della vite vengono distinte in:
- Gemme ibernanti, che danno origine al germoglio nell’anno successivo alla loro formazione, il quale diverrà tralcio.
- Gemme pronte, che si sviluppano sul germoglio dell’anno e danno vita alle femminelle.
- Gemme latenti, che sono gemme vegetative che si sviluppano solo in seguito a forti tagli o anche a lesioni, anche dopo anni dalla loro formazione.
Clima e terreno adatti alla vigna
La vite è una specie mediterranea con elevate esigenze di temperatura, che tuttavia si adatta a svariate tipologie di terreno e microclima. Ciascun vitigno offre il meglio del proprio potenziale vinicolo in ambienti che possiedono determinate caratteristiche in combinazione tra loro, tanto che ne risultano situazioni pedoclimatiche uniche ed irripetibili, grazie alle quali si ottengono le singolari produzioni tipiche.
Per l’uva da tavola da autoproduzione la questione è un po’ diversa e possiamo avere successo in zone non necessariamente “da vite”, purché sufficientemente rispondenti alle esigenze di base della specie.
Il clima ideale
La vite cresce bene nei nostri territori del sud, centro, ma anche nord Italia. Ama le temperature miti e il sole, ma resiste anche al freddo non eccessivo. Una ventilazione moderata è positiva per garantire il giusto arieggiamento, che riduce il rischio di patologie fungine.
Il terreno adatto
Conviene, prima di investire in un vero e proprio vigneto, far analizzare campioni di suolo, cosa che può guidarci anche nella scelta del portinnesto adatto.
La pianta è adattabile anche a diversi tipi di terreno che però non deve essere soggetto ai ristagni idrici e non deve avere pH troppo acido né alcalino.
Che cos’è il “terroir”
Con questo termine francese si indica tutto un insieme di fattori che concorrono a una determinata produzione vitivinicola: clima, suolo, portinnesto, vitigno, paesaggio, ma non di meno anche la tradizione del territorio e la sapienza tecnica che vi si è sviluppata.
Come piantare la vite
Per piantare una pianta di vite è opportuno scegliere una posizione ben soleggiata. Le piantine di vite da mettere a dimora si chiamano “barbatelle”, sono innestate e presentano un fusticino con due gemme.
Il periodo adatto per l’impianto è quello del riposo vegetativo, tra l’autunno e la fine dell’inverno, evitando i momenti di gelate.
Per il trapianto bisogna scavare una buca sufficientemente profonda e mettervi dentro la pianta ben diritta, aggiungendo del buon compost o letame maturi come concimazione di fondo, meglio se miscelati agli strati superficiali della terra di scavo.
L’impianto di un vigneto
Se si ha un’azienda agricola e si dispone di una superficie abbastanza estesa per la produzione di vino, bisogna progettare accuratamente l’impianto del vigneto. Conviene anche avvalersi di un tecnico specialista che ci supporti in questa fase e ci eviti degli errori destinati a ripercuotersi per molti anni a venire.
Se ci troviamo in una zona vocata e tradizionalmente coltivata a vite, è probabile che il nostro terreno abbia già precedentemente ospitato questa coltura, mentre per ragioni fitosanitarie l’ideale sarebbe attendere almeno qualche anno tra l’espianto di un vigneto e l’impianto di uno nuovo. Valutiamo quindi attentamente anche la storia recente dell’appezzamento in questione e facciamoci consigliare sul da farsi, caso per caso.
Per l’impianto di un vigneto bisogna innanzitutto tracciare i filari, poi predisporre dei pali, che possono essere di legno, cemento o ferro zincato. A questi bisogna legare i fili metallici per tutta la lunghezza del filare, di solito in acciaio inox.
Per mettere a dimora le barbatelle si può anche ricorrere a dei contoterzisti che dispongano di un’apposita macchina trapiantatrice.
Per tutto il processo di vinificazione non è necessario avere una propria cantina, perché se ci si trova in una zona vocata troveremo una cantina sociale a cui conferire l’uva, e poi col tempo valutare se investire ulteriormente anche sulla trasformazione.
Sesti di impianto
Non è facile dare un consiglio a priori sui sesti di impianto per la vite, perché questo è un parametro che dipende dai diversi ambienti. In genere però nei vigneti da vino si considerano ottimali valori come 3000-4000 piante ad ettaro (300-400 piante per 1000 mq), ma il numero esatto, dato dalle distanze sulla fila e tra le file, dipende da vari fattori come la combinazione varietà-portinnesto, il clima, il terreno e le tecniche utilizzate.
Per le forme di allevamento come il cordone speronato e il Guyot in genere le distanze sono di 2,5-3 metri tra i filari e di 80-120 cm tra una pianta e l’altra lungo la fila.
Cura della vigna biologica
La gestione ordinaria del vigneto non è particolarmente difficile, la richiesta in concimazione e irrigazione varia in base alla natura del suolo, in molte zone le vigne si trovano su terreni in pendenza, dove c’è da preoccuparsi di gestire il terreno per evitare l’erosione.
Concimazione
Come ogni specie fruttifera, anche la vite va concimata annualmente, oltre alla concimazione di fondo che si pratica alla messa a dimora delle barbatelle. In agricoltura biologica si possono impiegare ammendanti naturali e organici, come il compost e il letame, da incorporare ben maturi al suolo. In commercio si trovano molti concimi di origine organica o misti minerali e organici, derivanti da deiezioni, da sottoprodotti della macellazione, da borlande, ecc. Sulle quantità da distribuire, in questi casi è bene fare riferimento alle indicazioni riportate sulle schede tecniche o sulle confezioni di quei prodotti specifici. Con la concimazione del vigneto bisogna andare cauti, anche con i fertilizzanti organici sussiste il rischio di eccedere e questo porta a degli inconvenienti:
- L’eccessivo rigoglio vegetativo che ombreggia i grappoli.
- Maggiori possibilità di insorgenza di malattie fungine.
- Minore grado zuccherino negli acini, anche se la produzione è abbondante.
- Inquinamento da nitrati nel suolo e nelle acque sotterranee.
Per questi motivi è fondamentale mantenere un buon equilibrio vegeto-produttivo e puntare sulla qualità sia per le uve da vino sia per quelle da tavola.
Irrigazione
La vite è una pianta aridoresistente, ma le piante giovani con radici ancora poco sviluppate sono più vulnerabili, ed è importante garantire loro il giusto approvvigionamento di acqua.
Oltre ad un impianto a goccia, con tubi da stendere lungo tutto il filare, può risultare utile la pacciamatura per ridurre l’evaporazione e impedire all’erba di svilupparsi proprio attorno alla pianta. L’inerbimento, pratica assolutamente consigliata, presenta tuttavia l’inconveniente della competizione per l’acqua, soprattutto nei primi anni.
La gestione degli spazi tra i filari
La coltivazione della vite avviene, nella maggior parte dei casi, in zone collinari, nei quali si pone la questione dell’erosione.
Terreni lavorati, e quindi lasciati nudi, sono molto esposti a questo fenomeno negativo che porta terra in basso, e di conseguenza tenere questi spazi inerbiti è una buona pratica, sia lasciando che nasca erba spontanea, sia con la semina di essenze miste specifiche, con varie caratteristiche come la resistenza al calpestamento, la presenza di leguminose nel miscuglio, la resistenza al freddo o alla siccità. Le specie erbacee attirano molti insetti utili, e questo ci aiuta nella prevenzione di vari attacchi parassitari.
In alternativa si possono anche organizzare dei sovesci, soprattutto se è difficile reperire letame o compost. Entrambi i sistemi contribuiscono all’aumento della sostanza organica del terreno, con miglioramento delle caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche. Il miscuglio delle essenze di sovescio può essere seminato in autunno o in primavera a seconda della zona e delle essenze.
Nelle zone siccitose però l’erba compete con la pianta per l’acqua e bisogna tenerne conto, per esempio praticando:
- Sovesci ad anni alterni e file alterne.
- Inerbimento solo dopo i primi 3 anni.
- Inerbimento parziale nel tempo e nello spazio, inteso come solo per un periodo, o solo nell’interfila.
- Gli sfalci comunque possono essere utilizzati come una sorta di pacciamatura attorno alle piante.
Forme di allevamento e potatura della vite
Nel nostro paese esistono tante forme di allevamento per la vite, spesso di antica tradizione per ciascun territorio. La coltivazione biologica si adatta a ciascuna di queste, ma in genere le forme a spalliera sono le più comuni, perché tra i vari vantaggi che offrono c’è quello di garantire una buona luminosità ai grappoli. Sui dettagli delle forme di allevamento rimandiamo all’articolo specifico in cui ne parleremo, ma anticipiamo qui almeno i concetti di base e una descrizione delle più comuni forme adottate nei vigneti.
Possiamo intanto dire che nell’anno dell’impianto le barbatelle vengono lasciate crescere liberamente, non si pratica alcuna potatura, dopodiché si indirizza la pianta verso la forma scelta.
Il cordone speronato
Si tratta di una forma a parete, nella quale la branca principale è il prolungamento del fusto e viene piegata in orizzontale durante la fase di allevamento, in modo che si trovi parallela al terreno e sostenuta dai fili.
Sul cordone crescono i tralci tenuti potati corti (e chiamati così speroni) e da questi si generano ogni anno i germogli produttivi. Gli speroni poi vengono rinnovati via via grazie ai nuovi tralci, che vengono a loro volta speronati.
Il Guyot
Anche questa è una forma di allevamento a parete e ci si arriva con circa 3 anni di fase di allevamento. Come la precedente ha una struttura portante parallela al terreno, ma in questo caso si rinnova ogni anno. Annualmente infatti si tiene un tralcio lungo 8-12 gemme e uno sperone a due gemme dalla parte opposta. Il tralcio viene messo in orizzontale e legato, e da questo si svilupperanno i germogli fruttiferi, mentre dallo sperone si otterranno il tralcio e lo sperone dell’anno successivo.
Coltivare un’unica pianta ad alberello
Per la coltivazione di una singola pianta di vite da uva, per esempio in vaso sul balcone, ma anche in giardino, può valere la pena adottare la forma ad alberello, che è ancora la forma adottata per le zone caratterizzate da terreno povero o ricco di sassi.
In questo caso la pianta presenta un tronco basso, di soli 30-40 cm, e 3 o 4 branche provviste di speroni, dai quali si generano i germogli fruttiferi. Come sistema di sostegno sono sufficienti delle canne a cui tenere legata la pianta, quindi può essere una situazione adatta ad una coltivazione amatoriale.
Potatura invernale
La potatura per la vite è fondamentale per assicurare un equilibrio vegeto-produttivo, per la qualità dei frutti e per la salubrità della pianta.
Per impostare la potatura annuale della vite, bisogna tenere presente che questa pianta produce sui germogli dell’anno portati dal legno dell’anno precedente, e a seconda delle forme di allevamento adottate la gestione dei tagli cambia.
In generale la quantità di gemme da lasciare alla pianta dopo ogni potatura determina la quantità e la qualità di uva prodotta: se si lasciano tante gemme la produzione sarà abbondante ma con un grado zuccherino basso e una bassa concentrazione di composti aromatici. Di conseguenza, soprattutto per l’uva da vino, è fondamentale avvalersi almeno all’inizio del supporto di specialisti nella potatura, e poi pian piano imparare.
Sull’epoca di potatura invernale non c’è una regola fissa, perché dipende dalla zona. Nei territori del centro-nord, dove sussiste il rischio di gelate primaverili, è meglio attendere la fine dell’inverno, e quindi febbraio-marzo, perché un vigneto potato presto, cioè nel tardo autunno-inizio inverno, in genere tendo ad anticipare il germogliamento.
Potatura verde nel vigneto
La potatura verde o estiva è quell’insieme di pratiche finalizzate a controllare lo sviluppo degli organi verdi, grappoli compresi, per equilibrarli ai fini della qualità e per ridurre il rischio delle patologie. Il microclima attorno al grappolo deve essere ottimale e bisogna evitare il rischio della condensa di umidità e l’ombreggiamento.
Gli interventi consistono ad esempio in:
- Spollonatura, ovvero l’eliminazione dei ricacci ai piedi della pianta o lungo il fusto (succhioni).
- Scacchiatura dei germogli che non portano grappoli e che fanno ombra.
- Cimatura dei germogli uviferi, ovvero l’asportazione degli apici del germoglio, oltre il grappolo, in modo che l’energia si concentri sull’accrescimento del grappolo stesso.
- Diradamento dei grappoli, anche se non è sempre necessario.
- Sfemminellatura, ovvero l’eliminazione delle femminelle, i germogli nati in estate dalle gemme pronte, soprattutto se a contatto col grappolo.
- Sfogliatura: l’eliminazione di foglie a contatto con i grappoli, soprattutto se le piante sono molto vigorose.
Il pianto della vite
Per pianto della vite si intende quel fenomeno per cui le viti ancora spoglie iniziano ad emettere linfa dai tagli. Il fenomeno si verifica tra marzo ed aprile e sta ad indicare che la pianta è “in succhio”, ovvero si è risvegliata dal riposo invernale e i vasi interni iniziano ad essere attivi.
Difesa fitosanitaria del vigneto biologico
La difesa della vite dalle malattie e dai parassiti è un aspetto decisivo per ottenere una buona produzione sia in termini di quantità sia di qualità, e questo vale sicuramente anche per la produzione di uva da tavola per autoconsumo.
Per fortuna la difesa può essere gestita anche con metodo biologico, partendo da tutto un insieme di pratiche agronomiche volte a garantire una prevenzione di base, e ricorrendo al bisogno a trattamenti con prodotti ammessi in agricoltura biologica.
Come dicevamo, una delle pratiche più importanti per prevenire le patologie è una corretta potatura, unitamente alla moderazione nelle concimazioni.
Malattie e trattamenti bio
In viticoltura viene usato da secoli il rame sotto forma di poltiglia bordolese, ossicloruri e altri prodotti per la difesa dalle patologie fungine, ma l’uso di questo metallo in agricoltura negli ultimi anni è andato soggetto a restrizioni sempre maggiori, dato il suo impatto ambientale, quindi conviene partire già dal presupposto di preferirgli altre sostanze.
Una di queste è, ad esempio, la zeolite chabasite, un fine minerale di origine vulcanica, sul quale sono stati realizzati vari studi che sembrano confermarne l’efficacia nel prevenire l’insorgere delle malattie più comuni. Le particelle di zeolite infatti creano un velo sulla vegetazione, che assorbe l’umidità, e oltretutto hanno un effetto scoraggiante verso gli insetti nocivi. Per i trattamenti, da diluire in acqua o polverulenti, è opportuno farsi guidare dalle etichette e dai rivenditori specializzati, anche per avere consigli legati al clima e al territorio specifico.
La zeolite fa parte della categoria dei corroboranti, ovvero un insieme di prodotti che si trovano in commercio e che di fatto non sono prodotti fitosanitari veri e propri, ma potenziatori delle difese naturali delle piante. Sono tutti di origine naturale, adatti a trattamenti ripetuti durante tutta la stagione a scopo preventivo. Non essendo agrofarmaci, non è richiesto avere il “patentino” per acquistarli ed utilizzarli, e non esistono tempi di carenza da rispettare.
Di seguito una sommaria trattazione delle malattie principali a carico della vite e delle possibili soluzioni con prodotti ammessi nella difesa biologica, che valgono sicuramente per le aziende professionali certificate ma anche come ispirazioni per privati che vogliono adottare scelte ecosostenibili nelle loro coltivazioni.
Peronospora
Si tratta di una nota patologia fungina, la peronospora dell’uva viene causata dal fungo Plasmopara viticola.
Le spore del fungo svernano sulle foglie cadute a terra, e quando ci sono sufficiente umidità e temperature di almeno 10-11 °C, che si raggiungono da aprile, iniziano a moltiplicarsi e, alle prime precipitazioni intense, con le gocce di pioggia vengono trasportate sulla pianta, che inizia ad essere infettata, soprattutto se ha già tralci di 10 cm circa.
Più la vite è allevata bassa, con vegetazione vicina a terra, e maggiori sono le probabilità che avvenga questa infezione primaria. Si possono così iniziare a vedere le prime macchie sulle foglie, dette “macchie d’olio”, sulla pagina superiore, e in seguito su quella inferiore si forma della muffa, che può riguardare in seguito anche fiori, acini, cirri e giovani germogli. Dall’infezione primaria si scatena poi quella secondaria, con la quale gli organi del fungo si diffondono in maniera rapida favoriti da altre piogge, rugiada e vento. I grappoli colpiti imbruniscono e disseccano.
La peronospora si può contenere tramite trattamenti rameici, rispettando dosi, modalità e numero massimo di trattamenti consentiti in un anno. Nel biologico non devono essere superati i 28 kg di rame metallo in 7 anni ad ettaro, ovvero una media di 4 kg/anno/ettaro. Questo significa che, per fare il conto, bisogna leggere la percentuale di rame contenuta nel prodotto acquistato.
Oidio
L’oidio si manifesta presto nella stagione, alla schiusura delle gemme, poi è possibile notarlo sulle foglie e sui grappoli con la classica formazione biancastra e polverulenta. Per la vite sia da vino che da tavola sono registrati i prodotti a base del fungo antagonista Ampelomyces quisqualis, da preferire o alternare allo zolfo.
Botrite
La Botrite o muffa grigia (Botritis cinerea) spesso insorge favorita da lesioni accidentali già presenti sulla pianta, oltre che dall’umidità, dall’ombreggiamento dei frutti e dall’eccesso di azoto nel terreno. Si manifesta con la classica muffa che colpisce i grappoli, che diventano immangiabili. Sono più soggette a questa malattia le varietà che hanno grappoli con gli acini molto serrati tra loro. Per la botrite, sulla vite è registrato un interessante biofungicida, a base di Bacillus subtilis, ovvero un preparato che deriva da un bacillo che compete con il fungo patogeno e che interferisce con lo sviluppo di quest’ultimo. Sulla vite lo si puà utilizzare dall’inizio della fioritura fino alla raccolta, per un massimo di 4 trattamenti all’anno.
Flavescenza dorata
La flavescenza dorata è una malattia determinata da un fitoplasma, che viene trasmesso facilmente da un insetto vettore, lo Scaphoideus titanus, e quindi la difesa si imposta combattendo l’insetto, per esempio trattando con il piretro naturale.
La flavescenza si manifesta sotto forma di giallume, con grappoli che avvizziscono, tralci che diventano gommosi, non lignificano e si ripiegano verso il basso. Le foglie ispessiscono e assumono consistenza cartacea.
Mal dell’esca
È una malattia particolare, causata da un insieme di funghi, che può comportare ritardi nel germogliamento ad inizio stagione e poi manifestarsi in seguito. Sulle foglie si possono notare ingiallimenti del lembo, mentre la nervatura resta verde, e gli ingiallimenti del lembo poi virano al bruno. Gli acini possono manifestare macchie puntiformi violacee, soprattutto sulle varietà di uva da tavola come Regina e Italia. Nel legno la malattia intacca i vasi interni con annerimenti ed essudati e in genere porta a morte la pianta, per cui è bene intanto partire con l’impianto di barbatelle sane e poi estirpare le piante che mostrano sintomi di questa avversità.
Insetti parassiti della vigna
Vari insetti possono attaccare il vigneto, come la tignoletta, la cicalina flavescente e la drosophila suzukii.
Tignoletta
L’insetto (Lobesia botrana) colpisce dapprima le infiorescenze (larve della I generazione) poi (larve di II e III generazione) i grappoli, mangiandoli e portandoli a marcire e ad essere facilmente soggetti ad infezioni di Botrite.
Possiamo difendere la vite con trattamenti a base di Bacillus thuringiensis, oppure posizionando trappole alimentari di tipo Tap Trap, preparando la seguente esca: 1 litro di vino, a cui aggiungere 6-7 cucchiai di zucchero, 15 chiodi di garofano e mezza stecca di cannella. Lasciare due settimane a macerare e poi diluire con 3 litri di acqua. Il preparato finale è per 4 bottiglie trappola.
Cicalina flavescente
La cicalina flavescente (Empoasca vitis) è un piccolo insetto verde-giallastro, che da maggio si porta sulle viti per deporre le uova sulla nervatura della pagina inferiore delle foglie. Il danno è rappresentato dalla suzione di linfa, che causa l’imbrunimento e il disseccamento del margine fogliare. Contro questo insetto si possono realizzare trattamenti con un prodotto a base di azadiractina, sostanza attiva estratta dall’olio di neem.
Metcalfa
La metcalfa (Metcalfa pruinosa) infesta la pagina inferiore delle foglie e si riconosce per la presenza di melata e cera, ma in genere il danno non è grave.
Vendemmia: la raccolta dell’uva
La raccolta dell’uva viene chiamata vendemmia, avviene a settembre, e il momento esatto dipende dalle annate e dalle zone oltre che dalle varietà di vite. I frutti, chiamati acini e riuniti nei grappoli, devono essere portati rapidamente in cantina per la vinificazione, mentre se il loro destino è il consumo fresco possono essere raccolti in diversi giorni ma consumati comunque presto.
L’uva come frutto è calorica ma anche benefica in virtù del suo alto contenuto di antiossidanti e sali minerali. Nel nocciolo degli acini sono contenuti i semi, chiamati vinaccioli, con cui si può ricavare un olio molto usato in cosmetica.
Viticoltura biologica e normative
Dal 1 gennaio 2022 è entrato in vigore il Regolamento Ue 848/2018, che ha abrogato il Reg Ue 834/07, come riferimento per il settore biologico in tutto il territorio dell’Unione Europea e applicabile a tutti gli operatori bio, agricoltori, trasformatori, commercianti e importatori. Nelle “Norme di produzione vegetale”, all’articolo 12, si rimanda all’allegato II parte I . L’elenco delle sostanze attive ammesse per la difesa si trovano nell’allegato I del Reg 1165/2021, mentre nell’allegato II sono elencati concimi, ammendanti e nutrienti. Per la trasformazione in cantina si parte dall’art. 18 del Reg 848, “Norme di produzione per il vino”, che rimanda all’allegato II, parte VI dello stesso regolamento.