Salvare i semi
Come conservare i semi di peperoncino
I peperoncini piccanti sono una coltura molto appassionante. Ne esistono molteplici varietà di colori e forme diverse. Tantissimi appassionati si cimentano nel coltivare quelle più piccanti, misurate secondo la scala di Scoville.
Per chi è “malato” di peperoncini un’ulteriore sfida è quella di preservare in proprio le sementi da un anno all’altro, custodendo le proprie varietà da seminare la stagione successiva.
La conservazione dei semi di peperoncino è un’operazione semplice da effettuare, anche perché non si creano incroci come in altre piante, ad esempio zucche e zucchine. Ecco quindi una piccola guida su come prelevare i semi dei peperoncini piccanti per riutilizzarli nell’orto o scambiarli con altri appassionati. Oltre alle modalità pratiche vedremo anche i motivi per cui quest’attività è utile e importante.
Peperoncino: impollinazione o allegagione autonoma?
La pianta del peperoncino è detta “autogama”, poiché fa parte della famiglia di vegetali che fruttificano in piena autonomia. I suoi fiori allegano (ovvero diventano frutto) senza dover essere fecondati da impollinazione esterna. La struttura di base, il DNA della pianta, viene tramandata da pianta a frutto, i cui semi daranno origine a nuove piante.
In tal senso, da un seme di peperoncino non potrà nascere un ibrido. Scegliamo dunque, per produrre i nostri semi, i frutti più belli, freschi e rigogliosi, i cui semi garantiranno una qualità alta di germinazione e fruttificazione.
Periodo di raccolta
Il frutto del peperoncino si raccoglie semplicemente quando è maturo, ovvero quando si è sviluppata al massimo la sua dimensione, e raggiunge la tonalità più intensa della sua colorazione.
Tre semplici accorgimenti da rispettare:
- Non è buona norma attendere che il frutto inizi ad appassire: durante la fase di recupero dei semi, il peperoncino rilascia internamente un liquido viscoso causato dalla decomposizione, che rende difficoltosa la rimozione dei semi e ne può precludere la qualità.
- Non utilizzare frutti che presentino zone brunastre, o in procinto di marcire, per evidenti motivi di qualità del seme.
- I peperoncini ancora verdi vanno scartati poiché immaturi. I semi al loro interno, di conseguenza, saranno sterili e non potranno germinare.
Differenze tra peperoncini
L’estrazione spiegata di seguito fa riferimento a peperoncini di forma media, come ad esempio gli Habanero. La differenza con peperoncini di forma più piccola, come i classici peperoncini calabresi a mazzetti, sta nel loro interno: le varietà medio grandi presentano internamente una struttura spugnosa e biancastra dove sono attaccati i semi, detta placenta. I peperoncini a mazzetto, di taglio molto più piccolo, non la contengono e i semi si raccolgono semplicemente aprendo e scuotendo leggermente il peperoncino.
Prelievo dei semi
L’estrazione dei semi è una pratica decisamente semplice, come vedremo a breve, ma è bene ricordare che si stanno maneggiando frutti che contengono capsaicina. Questa molecola è responsabile della tipica sensazione di “piccantezza” prodotta dal frutto del peperoncino. È bene quindi proteggere adeguatamente le mani, usando strumenti adatti allo scopo, si consigliano i guanti.
Estrarre i semi dal peperoncino possibilmente evitando di tagliare il frutto a metà, onde evitare di tagliare anche i (pochi) semi all’interno. Eseguire invece un taglio dal picciolo all’apice del frutto, in entrambi i lati, chiudendo quindi un cerchio lungo tutta la parte esterna del frutto.
A questo punto, saremo sicuri di aver inciso solo la polpa esterna del frutto, creando due metà, lasciando quindi integra la placenta ed i semi.
Struttura del peperoncino habanero
Il peperoncino, una volta aperto, si presenta composto dalle seguenti parti:
- Pericarpo: pellicola esterna del peperoncino;
- Mesocarpo: parte polposa ricca di capsaicina;
- Endocarpo: parte interna del peperoncino, solitamente cava;
- Placenta: struttura spugnosa con i semi;
- Semi.
Prelievo della placenta
Prelevare placenta e semi, possibilmente senza separarli, aiutandosi con la punta del coltello.
Il risultato dovrebbe essere simile a quello in foto.
Ipotizzando di avere diverse varietà di peperoncino dalle quali si vuole estrarre i semi, assicurarsi che sulla lama del coltello e sui guanti non siano rimasti dei semi attaccati. Sembra banale, ma se c’è una cosa che è bene evitare è di creare involontariamente dei “mix” che potrebbero portare confusione al momento della semina.
Posizionare placenta e semi in un foglio di carta assorbente, piegato a metà. Assicurarsi che i semi stiano bene al centro.
Annotare con un pennarello la varietà di peperoncino e ripiegare accuratamente il foglio di carta assorbente, mantenendo i semi e la placenta bene al centro.
Conservazione dei semi
Anche se potrebbe sembrare controindicato, conservare i semi con la placenta per un periodo di qualche giorno, comporta un duplice vantaggio, poiché:
- I semini ancora collegati alla placenta acquisiscono una percentuale di germinazione maggiore;
- Nella fase di essiccazione, la placenta rilascia sui semini un “olio” che irrobustisce naturalmente il seme contro batteri, parassiti e muffe.
Dopo aver riposto la busta in un luogo fresco ed asciutto per circa una settimana, la carta scottex avrà assorbito tutti i liquidi presenti nei semi e nella placenta.
I semi a questo punto dovranno essere secchi e avere un aspetto “dorato”. Questo indica che sono pronti per la conservazione a lungo termine.
Rimuovere i residui di placenta, utilizzando sempre i guanti (i semi in realtà non contengono capsaicina, ma sono stati a contatto con la placenta che invece ne ha in abbondanza).
Asportare i semi dalla carta scottex e conservarli in una bustina di carta, e successivamente in un contenitore ermetico.
Così conservati, i semi mantengono un tasso di germinabilità praticamente invariato nei tre anni successivi alla conservazione.
La conservazione in congelatore è consigliata per aumentare la percentuale di germinabilità nel tempo., la durata può aumentare anche fino a dieci anni.
Perché conservare sementi
La conservazione dei semi dei nostri ortaggi è quanto di più naturale si possa fare per coltivare, anno dopo anno, prodotti locali nei nostri orti. A maggior ragione, le varietà antiche e locali sono un patrimonio importantissimo per la biodiversità: ecotipi selezionati negli anni, di orto in orto, dalle mani sapienti degli agricoltori, scelti per rusticità, esigenze idriche, gusto.
Queste cultivar, tendenzialmente non adatte alla grande distribuzione, stanno lentamente scomparendo a scapito di cultivar insipide, tutte uguali, costruite in laboratorio per maturare uniformemente e per una lunga conservazione dopo colte, così da viaggiare senza deperire fino ai grandi supermercati, incompatibili, quindi con un’agricoltura sostenibile.
E quando si “vive” di agricoltura biologica, è facile rimanere turbati di fronte ad inchieste come quella fatta e divulgata dalla TV Svizzera RSI, in data 02 novembre 2018. Un giornalista documenta fotograficamente l’evoluzione nel tempo di due zucchine di varietà scura americana, una importata dalla Spagna, l’altra coltivata con metodi biologici. Ebbene, si è scoperto che la zucchina di importazione, lasciata in ambiente domestico, dopo quattro mesi era ancora perfettamente integra. La zucchina biologica, invece, non esisteva praticamente più.
Questo deve farci riflettere. Cosa mangiamo? E cosa diventiamo? Il ritorno al biologico è obbligatorio, se non vogliamo farci travolgere dal progresso, perdendo i veri e genuini frutti donati dalla lavorazione eco-sostenibile della terra.
Conservare di anno in anno i semi delle nostre piante, per poi coltivarli negli anni successivi con metodi naturali, è la strada corretta da percorrere.